Scopi

In Italia le cure palliative, l’insieme cioè di cure, mediche e non, che hanno come obiettivo il miglioramento della qualità della vita dei malati inguaribili in fase avanzata, hanno fatto la loro comparsa all’inizio degli anni ’80. Da allora molte cose sono cambiate, il numero di istituzioni pubbliche e private che si occupano di questi malati si sono moltiplicate, l’esperienza di medici, infermieri, volontari, psicologi ecc. è diventata un vero e proprio “corpus” di conoscenza che sta trasformando quella che agli inizi era una attività forse più umanitaria che scientifica, in una vera e propria disciplina.
Tra le cose però che sono rimaste c’è una intuizione, che col tempo si è trasformata in vero e proprio postulato: che il posto migliore dove curare un malato terminale fosse la casa.
L’ipotesi era, e continua ad essere, la seguente: poiché la casa è il contenitore “naturale” della vita di una persona, e poiché i bisogni del malato terminale possono essere soddisfatti con un impiego di tecnologia estremamente modesto, chiunque di noi preferirebbe, debitamente aiutato, passare gli ultimi giorni a casa propria piuttosto che in ospedale.
Diversi argomenti sono stati portati a sostegno della scelta per la casa:

  • La qualità dell’assistenza medica e infermieristica a casa è migliore, o comunque non inferiore a quella dell’ospedale
  • A casa il comfort è migliore che in ospedale;
  • L’assistenza a casa costa meno del ricovero in ospedale;
  • L’assistenza domiciliare è utile anche per la famiglia, sia durante la malattia, che nell’elaborazione del lutto;
  • La qualità di vita del malato è migliore se curato a casa;

Purtroppo non tutti i malati possono essere curati a casa. A queste persone dovrebbe essere possibile accedere a luoghi specifici dove vivere, godendo degli stessi vantaggi di una casa ed insieme delle cure necessarie: gli Hospice.